In un mondo “frantumato” in cui i conflitti sono dietro l’angolo, tutti siamo chiamati a costruire un mondo libero dalla violenza. Dopo il secolo scorso devastato da due guerre mondiali micidiali - oggi siamo alle prese con una “terribile guerra mondiale a pezzi” – così come l’ha definita Papa Francesco nel suo messaggio in occasione della 50ª Giornata mondiale della Pace.
Dal terrorismo agli attacchi armati imprevedibili, dagli abusi sui migranti alla devastazione dell’ambiente. Una violenza drammatica quanto inaudita che oggi come ieri continua a provocare enormi sofferenze. Per questo l’umanità si è sempre sforzata e continua a fare sforzi per mantenere la pace ma purtroppo esistono tanti altri fattori contingenti che sembrano remarle contro.
La pace è considerata da sempre come una condizione necessaria per la realizzazione di alti valori come la giustizia, la libertà, la morale, l’etica, l’uguaglianza e il benessere dei popoli tutti. Ed è proprio in questa direzione che oggi in tutto il mondo si sono moltiplicate le operazioni di peacekeeping, ovvero missioni per il mantenimento della pace. Promosse e svolte prevalentemente sotto il controllo dell’ONU, si tratta in altre parole di azioni volte ad aiutare i paesi tormentati dai conflitti a creare condizioni di pace sostenibili.
Di questo e molto altro si è parlato durante la tavola rotonda organizzata dal Rotary Club di Molfetta presso la consueta sede dell’Hotel Garden in occasione del mese dedicato alla pace. Ad introdurre la serata ci ha pensato il presidente del Club, gen. Michele Catalano che dopo i saluti di rito ci ha tenuto a spiegare ai presenti quanto oggi più che mai siano importanti la prevenzione e la risoluzione dei conflitti, in perfetta sintonia tra l’altro con i principi rotariani di promozione della pace nel mondo, fratellanza e armonia fra i popoli. Una data altresì importante che celebra il sodalizio rotariano del 23 febbraio 1905, quando l’avvocato Paul Harris creò il primo Rotary Club a Chicago con l’obiettivo di consentire a professionisti di vari settori di incontrarsi per scambiare idee, instaurare amicizie significative e durature e contraccambiare la loro comunità. Un sodalizio glorioso che ha fatto e continua a fare storia e che conta oggi in tutto il mondo 1milione e 200mila soci.
La parola è passata poi all’illustre relatore - generale di brigata Giorgio Rainò, Comandante dell’Esercito in Puglia - che ha condotto i presenti nel vivo dell’incontro “Le esperienze di un Ufficiale dell’Esercito in Pakistan nell’ambito delle operazioni di supporto alla Pace”. Il generale ha spiegato ai presenti come spesso si associ la figura del militare alla guerra senza immaginare come questa sia l’ultima azione che si compie in extrema ratio in caso di emergenza difensiva. In realtà il loro compito primario sta proprio nell’evitare che si crei un clima di belligeranza, cercando per l’appunto di recuperare uno status pacifico. L’idea è quella di aiutare – nelle zone di guerra o di tumulto politico-sociale - la gente che soffre. Per questa ragione le missioni militari in tutto il mondo si sono moltiplicate.
Al di là del supporto e del sostegno alla popolazione autoctona, il loro obiettivo consta nella difesa dello Stato, nella difesa degli spazi euro-atlantici ed euro mediterranei, nel contributo alla realizzazione della pace e della sicurezza internazionale e in un’altra serie di compiti specifici. In questo scenario l’Italia è generalmente percepita come un paese pacifico o quantomeno non impegnato in prima linea nei conflitti mondiali.
In realtà il nostro paese da almeno 35 anni interviene costantemente in diverse missioni internazionali nell’ambito di mandati ONU, Nato o UE. Di fatti con la partecipazione a ben 36 missioni in 23 paesi, Italia ha pagato il maggior contributo in termini di caduti: 33, tra cui i 13 soldati italiani che persero la vita a Nassiriya vittime di un attentato suicida. Il gen. Rainò ha poi proseguito con una carrellata di approfondimenti sulle diverse missioni militari che hanno visto protagonista anche il nostro paese con un dispendio di forze armate non trascurabile. A partire dalla missione in Libia, in Kosovo, in Afganistan e in Iraq.
Ma la missione su cui si è soffermato e che lo ha visto anche protagonista in prima persona è stata quella in Pakistan, terra in costante conflitto con l’Afganistan per l’avanzata dei talebani. La recrudescenza del conflitto e il conseguente ritorno dei talebani è stato spiegato sostanzialmente in due modi. Da un lato l’esercito e la polizia fanno sempre più fatica a trovare nuovi volontari per fronteggiare l’insorgenza ora spinta anche dall’Isis, e dall’altro i politici non sono mai davvero riusciti ad entrare in connessione con le comunità locali che in alcuni casi sono tornate ad appoggiare proprio i talebani.
L’illustre relatore ha raccontato brevemente anche il retroscena di queste missioni viste nell’ottica dell’uomo, tralasciando quella da militare. È difficile affrontare quel tipo di situazioni – spiega – dove si vive costantemente nel disagio psico-fisco per la mancanza di condizioni di vita congrue a svolgere anche le basilari attività quotidiane. La serata si è conclusa lasciando libero spazio alle domande del pubblico e con l’auspicio che – come diceva Papa Giovanni Paolo II – la pace non si improvvisi e che anzi diventi una scelta consapevole radicata su un’educazione fatta di saggi insegnamenti e di validi modelli in famiglia, nelle scuole e in ogni ambiente della società che possa definirsi civile.
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